Confucio
era solito trarre, da ogni singolo verso di un'ode, insegnamenti
vasti come sistemi e dettagliati come trattati filosofici; Pound
aspirò, in ogni proprio verso, alla dimensione dell'ode, questo il
suo progetto, il suo invio. Ogni verso è universo. Di questo
risponde ogni lettura poundiana. Il rigore dello scriptor:
fedeltà alle immagini. Va da sé che nel moderno la fedeltà alle
immagini volga in defigurazione, fatalità vuole che vi siano sempre
in agguato un Bacon, un Giacometti, un Picasso; un Ezra Pound o un
James Joyce. Epifanie del moderno. Ogni trasmissione è tradimento:
si ipotizza l'identità di un messaggio laddove vi sono pure
differenze, singolarità irriducibili. I segni del nuovo, i soli
capaci di richiamare in scena quanto da antichità remotissme si
teneva come perduto. Per brevità si dice: il mito. Il mito è una
parola. Una parola è una lettera. Come accade questo nei Cantos?
In un dire: la pluralità del testo mitico si mostra, nella fanopea
dei Cantos
come in Finnegan's
wake
non sotto la forma sistematizzata di un qualunque ordine narrativo,
ma attraverso intensità ritmiche che la scrittura mira a rendere
percettibili nel corpo della lettera. La storia, incubo joyciano e da
ultimo - per Pound - irrecuperabile cumulo di rovine, deposito
infernale, si dissolve in immagini e segni; mythos
ed epos
si traducono in figure immobili, circolarmente disposte verso una
traiettoria di fuga, in tutti i sensi della parola fuga. È un
borgesiano altrove, la lettera come aleph,
il nessun luogo in cui tutto converge.
Fantasmi
cinesi attraversano i Cantos
fin dall'inizio. Il primo in ordine di apparizione non è però, come
ci si potrebbe aspettare, quel Confucio non privo di stereotipi del
quale il Pound "politico" ama assumere la maschera, ma
Zhuangzi, uno dei massimi esponenti del taoismo classico, in tutto e
per tutto antagonista del confucianesimo; questi viene evocato nel c.
2 sotto il nome di So-shu:
So-shu
churned in the sea.
Più
in là, nello stesso canto,
il tema taoista viene ripreso ed amplificato in uno scenario
macrocosmico:
So-shu
churned in the sea, So-shu also,
using
the long moon as a churn-stick...
Si
tratta di una presenza la cui irruzione pare preventivamente porre
tra parentesi l'ortodossia confuciana tutta, successivamente
dichiarata; consente di leggere infatti, lungo il sintagma dei
Cantos,
due distinte modalità di impiego nella letteratura cinese: l'una
esemplificatrice, precettistica, pedagogica, ove il carattere
riprodotto aspira allo status
di mot
juste,
in sintonia immaginaria ed immaginata con la dottrina della rettifica
dei nomi (zheng
ming);
l'altra volta alle risorse poetiche di una scrittura che è segno,
ben prima che vocabolo. L'aporia del confucianesimo linguistico di
Pound pare proprio nascere dal semplicissimo fatto che il significato
di un carattere cinese muta a seconda del contesto: si tratta di
un'aporia subita inconsapevolmente, destinata comunque a rigenerare
la lingua poetica di questo secolo. Se ne trova un indizio letterale
nel primo carattere riprodotto nei Cantos,
xin
(c. 25) al quale è affiancata la lettura:
CONSTANS
IN PROPOSITO...
JUSTUM
ET TENACEM
dopo
un rimando a Morse nel verso precedente; piaccia qui ricordare che
xin
indica, oltre che "sincerità", "fiducia",
"credere in" etc., "una lettera", "notizia",
"invio", "corrispondenza"; e che la semantica
esplicitata nella frase latina - spazio deformante della traduzione -
è pochissima cosa in confronto alla portata che il carattere assume
quando se ne colgano le insite stratificazioni. Si deve probabilmente
al reiterarsi di tali dispositivi di senso il passaggio da una
competenza sinologica fin
de siècle
(quella ereditata da Fenollosa) al riuso, in chiave compositiva
assolutamente moderna, dei segni di una tradizione remota, che qui
paiono assumere la funzione dell'oro e della luce nelle icone
bizantine. Pare appunto quella Byzantium
di Yeats che Pound disdegnava in quanto paradis
artificiel,
artificio dell'eternità; identificata sul versante cinese secondo il
solito doppio registro: sogno imperiale e metafisico della luce e
dell'immoto, desunta quest'ultima dal più metafisico dei classici
confuciani, lo Zhongyong
e quello maggiormente imbevuto di elementi taoisti fatto coincidere,
in sede di traduzione e riscrittura, con l'ambito della speculazione
neoplatonica che gli fu più cara (Riccardo di San Vittore, Gemisto,
il Plotino rinascimentale). Sono questi i processi che costituiscono
l'experimentum.
Tale tradursi di tutto in figura comporta all'interno di ciascuna di
esse altre figure e così all'infinito: al carattere xian
(composto dai radicali del sole, dei fili di seta e della testa)
tratto dallo Zhongyong
è associato l'omnia
sunt lumina
dell'Eriugena, epifania rinnovata del moderno, mediante i segni
dell'antico. La riduzione della qualità mitica ai più antichi
rapporti fra suono ed immagine che secondo Jesi accomunava i Cantos
e Finnegan's
wake,
si espande nella lettera. Da ciò, in entrambi, un andamento
paradisiaco della nominazione, analogia dantesca, paradiso del
linguaggio, quello stesso che dalla frase di Valéry si riversa nel
poema di Lezama Lima e altrove. Indicazioni precise vengono offere
dallo stesso Pound: lo splendore celeste è richiamabile "col
ripetersi una dietro l'altra tutte le cose belle conosciute". Il
tema estatico del paesaggio sinogiapponese del cosiddetto "canto
dei sette laghi" e il motivo di Kuanon-Guanyn filtrato da uno
stilnovistico troubar
("la donna contiene tutto il catalogo, è più completa; ella
serve come una specie di mantra") paiono confermare questo
tracciato
C.
29: And
a world is coverted by jade
Non
diversamente la Yourcenar di Novelle
orientali:
"Il pittore Wang-fo e il suo discepolo Ling disparvero per
sempre sul mare di giada azzurra che poco prima Wang-fo aveva
inventato".
Ezra
Pound, da Roma, 8.1.1938: "L'inglese è a metà strada fra le
lingue flessive e il cinese". Forse questo è il punto di crisi,
da intendersi come turning
point
che determina il cammino metamorfico e commutativo dell'invenzione
del linguaggio nei Cantos,
da sé a sé, e la comoedia
tutta del moto ascendente e discendente fra inferi e paradisi.
Sontuosissima ed essenziale maschera, quest'ultima, per dantesche
anagogie della "luce indivisa" e dell'"immoto
interpenetrante le dimensioni euclidee"; artifici dell'eternità,
le immagini degli dei (trattenute nella scrittura e nel suono), come
i mosaici bizantini, conducono l'anima ad immergersi negli splendori
della contemplazione. "For
the seven lakes, and by no man these verses":
così principia il c. 49 che si chiude con
Imperial
power is? and to us what is it?
The
fourth; the dimension of stillness.
And
the power over the wild beasts.
Nulla
di più remoto dal "confucianesimo poundiano", da qualunque
scienza di governo, buona o dispotica che sia, da ogni economia
produttiva ("they
are a people of leasure")
o rappresentativa imposizione di imperativi categorici. Epos della
fuga, in tutti i sensi della parola fuga. Di tale fuga i Cantos
sono probabilmente la partitura, essendo ogni letteratura
autobiografia: anzitutto del lettore. Il motivo paradisiaco del c. 49
prefigurante quelli dell'ultima cantica, pare che derivi da un libro
a soffietto giapponese in possesso dell'autore, contenente otto
raffigurazioni paesaggistiche lacustri accompagnate da iscrizioni;
nel pieno del ciclo altrimenti dedicato e intitolato alle riforme
leopoldine, uno splendido apocrifo apre così le porte su altri
universi.
Un
dichiarato e proclamato spirito antitaoista ed antibuddista, mutuato
di peso dal filosofo neoconfuciano di epoca Sung Zhuxi in nome
dell'ortodossia, non ha impedito a Pound di darci frammenti di
estetica wabi nel c. 49 (semplicità, povertà e isolamento ne sono i
canoni informatori, di chiara derivazione taoista e zen); né tanto
meno di porre in una posizione di massimo rilievo in quel pantheon
femminile che per lunghi tratti sono i Cantos
la figura di Kuanon, derivante dalla cinese Guanyn, personificazione
femminle polimorfa del bodhisattva Avalokitesvara.
C.
87: nella
3^ sfera non discutere
su
cui, il loto, la bianca ninfea,
Kuanon,
le mitologie
noi
che abbiamo varcato il Lete
C.
90: dal
vento sotterraneo
m'elevasti
per
mezzo del grande volo
m'elevasti
Isis Kuanon
C.
84: e in questo giorno l'aria si aprì
per
Kuanon di tutte le delizie
Siamo
con le invocazioni, le litanie e gli inni, ad una ulteriore
metamorfosi di Avalokitesvara-Guanyn-Kuanon: dopo quella estremo
orientale, dalle regioni dell'India e del Tibet fino al Giappone
attraverso la Cina, a quella estremo occidentale dalle connotazioni
isiache e afroditiche, energia unificatrice della natura e
liberatrice dell'anima. La restitutio
in integrum
della Guanyn cinese (Kuan-yin nella traslitterazione poundiana) pare
però accadere nel c. 97, ove il verso "Kuan-yin
alla balaustra d'oro"
è sovrastato dal carattere cinese ling,
composto dal radicale della pioggia (yu),
da quello della bocca (kou)
ripetuto tre volte sotto il primo ed infine nella parte inferiore dal
carattere indicante lo sciamanesimo (wu).
Quest'ultima componenee è sottolineata dal poeta nel c. 104
scrivendo prima ling
e richiamando successivamente il carattere wu,
Nello stesso canto
una successiva fanopea è associata al medesimo carattere:
Di
cielo blu e di gatto selvaggio
Pitonessa
i
piccoli seni neve soffice al di sopra del tripode
ling
sotto la nuvola
le
tre voci
Dopo
infruttuosi tentativi di assimilare ling,
designante una forza magica, alle virtù confuciane e alla great
sensibility
che fonderebbe le dinastie, Pound fornisce qui una impeccabile
sinoetimologia, leggendo alla lettera i due radicali superiori
presenti nel carattere. Da tali inquadrature frammentarie, forse
all'apparenza periferiche è possibile risalire alla profonda
duplicità che anima in Pound l'impiego dei caratteri cinesi; vi
assegna da un lato (quello più vistosamente coglibile) una funzione
pedagogica, didascalica ed illustrativa, che nei cosiddetti "canti
cinesi" tenta addirittura di esplicitare in chiave storiografica
ed annalistica; dall'altro - e sono i casi meno evidenti e i passi
più intensi, usa l'ideogramma come mezzo di poesia; xenoglossia
intensiva, né più né meno che nel poco amato Joyce del work
in progress,
abbattimento delle barriere istituzionali della lingua, epifania del
moderno, poesia che rischiosamente esperisce se stessa nel corpo
della lettera. È il silenzio della scrittura, che in un succedersi
di superfici derealizzate, accoglie un ritmo polifonico, chaosmos
irriducibile a qualunque ordine che non sia il proprio. In questo
senso i Cantos
sono, come Beckett aveva compreso di Finnegan's
wake,
la cosa stessa e non la rappresentazione di alcunché; sono
quell'arte (vi si comprendano Picasso e l'astrazione, musica e
cinematografia nell'ambito delle cosiddette avanguardie di questo
secolo) che ancor oggi, da molte parti si finge non esservi mai
stata.