13/12/18

riccardo cavallo : la lettera cinese di e. pound attraverso i cantos


Confucio era solito trarre, da ogni singolo verso di un'ode, insegnamenti vasti come sistemi e dettagliati come trattati filosofici; Pound aspirò, in ogni proprio verso, alla dimensione dell'ode, questo il suo progetto, il suo invio. Ogni verso è universo. Di questo risponde ogni lettura poundiana. Il rigore dello scriptor: fedeltà alle immagini. Va da sé che nel moderno la fedeltà alle immagini volga in defigurazione, fatalità vuole che vi siano sempre in agguato un Bacon, un Giacometti, un Picasso; un Ezra Pound o un James Joyce. Epifanie del moderno. Ogni trasmissione è tradimento: si ipotizza l'identità di un messaggio laddove vi sono pure differenze, singolarità irriducibili. I segni del nuovo, i soli capaci di richiamare in scena quanto da antichità remotissme si teneva come perduto. Per brevità si dice: il mito. Il mito è una parola. Una parola è una lettera. Come accade questo nei Cantos? In un dire: la pluralità del testo mitico si mostra, nella fanopea dei Cantos come in Finnegan's wake non sotto la forma sistematizzata di un qualunque ordine narrativo, ma attraverso intensità ritmiche che la scrittura mira a rendere percettibili nel corpo della lettera. La storia, incubo joyciano e da ultimo - per Pound - irrecuperabile cumulo di rovine, deposito infernale, si dissolve in immagini e segni; mythos ed epos si traducono in figure immobili, circolarmente disposte verso una traiettoria di fuga, in tutti i sensi della parola fuga. È un borgesiano altrove, la lettera come aleph, il nessun luogo in cui tutto converge.
Fantasmi cinesi attraversano i Cantos fin dall'inizio. Il primo in ordine di apparizione non è però, come ci si potrebbe aspettare, quel Confucio non privo di stereotipi del quale il Pound "politico" ama assumere la maschera, ma Zhuangzi, uno dei massimi esponenti del taoismo classico, in tutto e per tutto antagonista del confucianesimo; questi viene evocato nel c. 2 sotto il nome di So-shu:

So-shu churned in the sea.

Più in là, nello stesso canto, il tema taoista viene ripreso ed amplificato in uno scenario macrocosmico:

So-shu churned in the sea, So-shu also,
using the long moon as a churn-stick...

Si tratta di una presenza la cui irruzione pare preventivamente porre tra parentesi l'ortodossia confuciana tutta, successivamente dichiarata; consente di leggere infatti, lungo il sintagma dei Cantos, due distinte modalità di impiego nella letteratura cinese: l'una esemplificatrice, precettistica, pedagogica, ove il carattere riprodotto aspira allo status di mot juste, in sintonia immaginaria ed immaginata con la dottrina della rettifica dei nomi (zheng ming); l'altra volta alle risorse poetiche di una scrittura che è segno, ben prima che vocabolo. L'aporia del confucianesimo linguistico di Pound pare proprio nascere dal semplicissimo fatto che il significato di un carattere cinese muta a seconda del contesto: si tratta di un'aporia subita inconsapevolmente, destinata comunque a rigenerare la lingua poetica di questo secolo. Se ne trova un indizio letterale nel primo carattere riprodotto nei Cantos, xin (c. 25) al quale è affiancata la lettura:

CONSTANS IN PROPOSITO...
JUSTUM ET TENACEM

dopo un rimando a Morse nel verso precedente; piaccia qui ricordare che xin indica, oltre che "sincerità", "fiducia", "credere in" etc., "una lettera", "notizia", "invio", "corrispondenza"; e che la semantica esplicitata nella frase latina - spazio deformante della traduzione - è pochissima cosa in confronto alla portata che il carattere assume quando se ne colgano le insite stratificazioni. Si deve probabilmente al reiterarsi di tali dispositivi di senso il passaggio da una competenza sinologica fin de siècle (quella ereditata da Fenollosa) al riuso, in chiave compositiva assolutamente moderna, dei segni di una tradizione remota, che qui paiono assumere la funzione dell'oro e della luce nelle icone bizantine. Pare appunto quella Byzantium di Yeats che Pound disdegnava in quanto paradis artificiel, artificio dell'eternità; identificata sul versante cinese secondo il solito doppio registro: sogno imperiale e metafisico della luce e dell'immoto, desunta quest'ultima dal più metafisico dei classici confuciani, lo Zhongyong e quello maggiormente imbevuto di elementi taoisti fatto coincidere, in sede di traduzione e riscrittura, con l'ambito della speculazione neoplatonica che gli fu più cara (Riccardo di San Vittore, Gemisto, il Plotino rinascimentale). Sono questi i processi che costituiscono l'experimentum. Tale tradursi di tutto in figura comporta all'interno di ciascuna di esse altre figure e così all'infinito: al carattere xian (composto dai radicali del sole, dei fili di seta e della testa) tratto dallo Zhongyong è associato l'omnia sunt lumina dell'Eriugena, epifania rinnovata del moderno, mediante i segni dell'antico. La riduzione della qualità mitica ai più antichi rapporti fra suono ed immagine che secondo Jesi accomunava i Cantos e Finnegan's wake, si espande nella lettera. Da ciò, in entrambi, un andamento paradisiaco della nominazione, analogia dantesca, paradiso del linguaggio, quello stesso che dalla frase di Valéry si riversa nel poema di Lezama Lima e altrove. Indicazioni precise vengono offere dallo stesso Pound: lo splendore celeste è richiamabile "col ripetersi una dietro l'altra tutte le cose belle conosciute". Il tema estatico del paesaggio sinogiapponese del cosiddetto "canto dei sette laghi" e il motivo di Kuanon-Guanyn filtrato da uno stilnovistico troubar ("la donna contiene tutto il catalogo, è più completa; ella serve come una specie di mantra") paiono confermare questo tracciato

C. 29: And a world is coverted by jade

Non diversamente la Yourcenar di Novelle orientali: "Il pittore Wang-fo e il suo discepolo Ling disparvero per sempre sul mare di giada azzurra che poco prima Wang-fo aveva inventato".
Ezra Pound, da Roma, 8.1.1938: "L'inglese è a metà strada fra le lingue flessive e il cinese". Forse questo è il punto di crisi, da intendersi come turning point che determina il cammino metamorfico e commutativo dell'invenzione del linguaggio nei Cantos, da sé a sé, e la comoedia tutta del moto ascendente e discendente fra inferi e paradisi. Sontuosissima ed essenziale maschera, quest'ultima, per dantesche anagogie della "luce indivisa" e dell'"immoto interpenetrante le dimensioni euclidee"; artifici dell'eternità, le immagini degli dei (trattenute nella scrittura e nel suono), come i mosaici bizantini, conducono l'anima ad immergersi negli splendori della contemplazione. "For the seven lakes, and by no man these verses": così principia il c. 49 che si chiude con

Imperial power is? and to us what is it?
The fourth; the dimension of stillness.
And the power over the wild beasts.

Nulla di più remoto dal "confucianesimo poundiano", da qualunque scienza di governo, buona o dispotica che sia, da ogni economia produttiva ("they are a people of leasure") o rappresentativa imposizione di imperativi categorici. Epos della fuga, in tutti i sensi della parola fuga. Di tale fuga i Cantos sono probabilmente la partitura, essendo ogni letteratura autobiografia: anzitutto del lettore. Il motivo paradisiaco del c. 49 prefigurante quelli dell'ultima cantica, pare che derivi da un libro a soffietto giapponese in possesso dell'autore, contenente otto raffigurazioni paesaggistiche lacustri accompagnate da iscrizioni; nel pieno del ciclo altrimenti dedicato e intitolato alle riforme leopoldine, uno splendido apocrifo apre così le porte su altri universi.
Un dichiarato e proclamato spirito antitaoista ed antibuddista, mutuato di peso dal filosofo neoconfuciano di epoca Sung Zhuxi in nome dell'ortodossia, non ha impedito a Pound di darci frammenti di estetica wabi nel c. 49 (semplicità, povertà e isolamento ne sono i canoni informatori, di chiara derivazione taoista e zen); né tanto meno di porre in una posizione di massimo rilievo in quel pantheon femminile che per lunghi tratti sono i Cantos la figura di Kuanon, derivante dalla cinese Guanyn, personificazione femminle polimorfa del bodhisattva Avalokitesvara.



C. 87: nella 3^ sfera non discutere
su cui, il loto, la bianca ninfea,
Kuanon, le mitologie
noi che abbiamo varcato il Lete


C. 90: dal vento sotterraneo
m'elevasti
per mezzo del grande volo
m'elevasti
Isis Kuanon


C. 84: e in questo giorno l'aria si aprì
per Kuanon di tutte le delizie

Siamo con le invocazioni, le litanie e gli inni, ad una ulteriore metamorfosi di Avalokitesvara-Guanyn-Kuanon: dopo quella estremo orientale, dalle regioni dell'India e del Tibet fino al Giappone attraverso la Cina, a quella estremo occidentale dalle connotazioni isiache e afroditiche, energia unificatrice della natura e liberatrice dell'anima. La restitutio in integrum della Guanyn cinese (Kuan-yin nella traslitterazione poundiana) pare però accadere nel c. 97, ove il verso "Kuan-yin alla balaustra d'oro" è sovrastato dal carattere cinese ling, composto dal radicale della pioggia (yu), da quello della bocca (kou) ripetuto tre volte sotto il primo ed infine nella parte inferiore dal carattere indicante lo sciamanesimo (wu). Quest'ultima componenee è sottolineata dal poeta nel c. 104 scrivendo prima ling e richiamando successivamente il carattere wu, Nello stesso canto una successiva fanopea è associata al medesimo carattere:

Di cielo blu e di gatto selvaggio
Pitonessa
i piccoli seni neve soffice al di sopra del tripode
ling sotto la nuvola
le tre voci

Dopo infruttuosi tentativi di assimilare ling, designante una forza magica, alle virtù confuciane e alla great sensibility che fonderebbe le dinastie, Pound fornisce qui una impeccabile sinoetimologia, leggendo alla lettera i due radicali superiori presenti nel carattere. Da tali inquadrature frammentarie, forse all'apparenza periferiche è possibile risalire alla profonda duplicità che anima in Pound l'impiego dei caratteri cinesi; vi assegna da un lato (quello più vistosamente coglibile) una funzione pedagogica, didascalica ed illustrativa, che nei cosiddetti "canti cinesi" tenta addirittura di esplicitare in chiave storiografica ed annalistica; dall'altro - e sono i casi meno evidenti e i passi più intensi, usa l'ideogramma come mezzo di poesia; xenoglossia intensiva, né più né meno che nel poco amato Joyce del work in progress, abbattimento delle barriere istituzionali della lingua, epifania del moderno, poesia che rischiosamente esperisce se stessa nel corpo della lettera. È il silenzio della scrittura, che in un succedersi di superfici derealizzate, accoglie un ritmo polifonico, chaosmos irriducibile a qualunque ordine che non sia il proprio. In questo senso i Cantos sono, come Beckett aveva compreso di Finnegan's wake, la cosa stessa e non la rappresentazione di alcunché; sono quell'arte (vi si comprendano Picasso e l'astrazione, musica e cinematografia nell'ambito delle cosiddette avanguardie di questo secolo) che ancor oggi, da molte parti si finge non esservi mai stata.