Salute a te, o Hapy, che esci da questa terra e vieni per dare la
vita all’Egitto. Avvolto per natura, tenebre in pieno giorno,
eppure venerato da coloro che ti seguono, che da oscuri abissi e
caverne giungi a inondare i campi creati dal disco solare di Ra per
dare la vita a tutti gli armenti, che disseti il deserto, la montagna
[necropoli] lontano dall’acqua, poiché è rugiada ciò che lascia
cadere il cielo. Amico di Gabu dio della terra, oblatore di Napri
deità del grano, tu fai prosperare le arti del creatore dell’uovo
Ptah che al tornio forma il cosmo.
Signore dei pesci, che conduci moltitudini di uccelli selvatici,
durante la piena non ve ne sono nella valle inondata che si posino
sulle tue colture, Tu generi le messi di grano, porti l’orzo,
assicurando vita eterna ai templi, ma se in quella stagione non ti
manifesti, allora manca il respiro a tutto ciò che esiste.
Se tu sei torpido, ognuno langue e diventa povero e così, mentre si
riducono i pani in offerta agli dei, milioni di individui periscono
tra gli uomini. La terra intera ne è sconvolta, il grande e il
piccolo sono poveri perché come tu inizi a salire gli uomini si
confondono in un’unica rovina. Quando il dio della cataratta Khnumu
ti ha creato sul suo tornio, tu ti levi brillando e tutta la terra è
in allegrezza, tutti coloro provvisti di ventre sono in gran gioia,
ogni vertebra è scossa dal moto del ridere e i denti frantumano il
nutrimento.
Fausto il tuo arrivo, signore dell’autorità che rinnova i profumi,
dispensatore di alimenti, fertile creatore di ogni beneficio, tu che
produci erbaggi per gli armenti e offri sacrifici a tutti gli dei.
Anche quando sei ancora nel mondo sotterraneo della Duat, cielo e
terra ti sostengono, essendo tu il conquistatore delle due terre che
colma i depositi dell’alto e del basso Egitto, ne fa larghi i
granai, provvede beni a chi ne è sprovvisto.
E l’incenso divino è a tua disposizione quando, come un dono,
arrivi nelle due terre dove, con la tua forza per ogni dio dei
trapassati, del cielo e della terra e il re che risiede nella città
di Taitit-taoni, per ognuno fai crescere alberi e tutto ciò che si
desidera non può mancare, fai apparire la nave a remi veicolo di Ra
che non si costruisce con la pietra, senza essere percepito prendi
possesso delle colline con il tuo fluire incessante.
Tu che senza ostacoli percorri le alture e agisci senza esser
diretto, quando a gran voce la piena di acqua
datrice di vita è annunciata, tutti i cuori si
rallegrano, ti scortano drappelli di giovani e bambini e si parla del
tuo potere come se tu fossi un sovrano con leggi salde che soltanto
si manifesta a mezzogiorno e al nord perché il pianto di tutti gli
occhi sia bevuto da te e perché tu procuri profusione di beni e
abbondanza alle tavole. A te omaggio regale, ti insedi nel tuo tempo
e dispensi più della tua bellezza, ognuno beve la tua acqua.
Non c’è alcuno che viva se non con te, senza di te, hai portato il
dio Sobek guida e compagno del sole mattutino che Neith partorisce.
L’Enneade degli dei che è in te è splendida, si arricchisce dei
doni di acque dolci che vanno a irrigare i campi, fai rigurgitare per
la campagna tutte le ricchezze che essa racchiude e che rende il
popolo valoroso, rendi forte l’uno come l’altro, nessuno ha
tributo da pagarti né può volgersi contro di te.
È azione della tua energia tutto ciò che è generato, gli uomini
indossano i loro abiti di lino come in un giorno solenne per prendere
ciò che tu hai destinato perché i loro cuori sono sensibili ai doni
del tuo lavoro. La notte della goccia tu fai ciò che i tuoi campi
amano, messo in movimento dai libri magici che si gettano in te per
chiamarti, entri con le parole, manifestandoti come chi è là in
casa sua.
Tu, il desiderato che esce dall’ignoto, se sei adirato e non ci
sono più pesci, allora non resta che invocare l’acqua annuale con
preghiere e pure fiamme. Se neanche gli uccelli palustri discendono
al suolo, ogni uomo dalla Tebaide e dal Delta è chiamato ai lavori
forzati con i suoi attrezzi, nessuno resta dietro ai suoi compagni.
La grande Enneade esce, la maestà dell’acqua primordiale Nu è in
pace, non si sentono canti di letizia, tutti offrono primizie e
animali, pennuti immolati e gazzelle catturate sui monti o leoni nel
deserto, ma se alcuno crede che con le mani si possa tessere l’oro
o plasmare terraglie d’argento, non ci si potrà cibare di
lapislazzuli carne degli dei. Non dire menzogne per ciò che avrai
risposto ma rispondi con l’inondazione, benefico efflusso per ogni
vivente che tutti gli dei adorano.
Per te con l’arpa si intonano canti battendo le mani, giovani
uomini e bambini acclamanti. Se l’augusto Hapy arriva con le sue
ricchezze davanti alle città affamate, possessori di beni eccellenti
si precipitano al seguito dei poveri, tutti si precipitano a bere. Tu
abbellisci la terra e fai prosperare le barche.
Inno al Nilo (adattamento di Enrica Martinengo dall’edizione critica di Gaston Maspéro, Il Cairo 1912)