Un poemetto in prosa dove la fanno da padrone il sesso (mimato), l’antropofagia (desiderata), la follia (reale), il rimorso (delirante), la dissoluzione (totale). Chi ha detto che Carmelo Bene è senza continuatori? Io, ma ora ho dei ragionevoli dubbi in proposito. Limitante parlare di continuatori, è di eredi che qui si tratta, di chi ha colto in pieno lo sfacelo della nostra epoca, cultura teatrale, letteraria e visiva incluse. Come in un diabolico gioco di specchi rotti e deformanti la biblica (e saccheggiatissima) Salomé, comincia con l’essere amputata delle vocali che compongono il suo nome. Il Battista entra ed esce di scena come un truce giocattolo meccanico, trastullo e tormento della protagonista, esibito in innumeri situazioni chirurgiche, erotiche, imploranti, ecc. Di volta in volta invocato, amato, vezzeggiato, ricucito, surgelato, il Decollato dà inizio al racconto come un “povero cristo” incapace di qualunque orientamento (ci credo!) e in totale balìa della crudele e amante “zarina”. L’assurdo risplende nelle telefonate della settevelista alla madre, nelle pressanti (e pesanti) richieste erotiche rivoltele da un Erode sempre più arrapato e cupo, ma la traccia narrativa, per quanto labile e pretestuosa, è l’allestimento della “prima”, destinata a un parterre di ospiti prestigiosi (noblesse oblige), di un obsoleto superotto dove il martirio del santo e la danza della fanciulla diventano altrettante occasioni di parodia in stile rotocalco del testo detto sacro. Decisamente umorale il con-testo, quasi fluxus in virtù di frequenti secrezioni corporee. Il procedere della scrittura avviene a scatti, stacchi improvvisi, incursioni felici nel gergo e nella cantilena infantile, ellissi di interpunzione, dialoghi indefiniti: una esemplare de-costruzione di senso e di parola (verbo) che diventa consolatoria per quanti non ne possono più di risciacqui lirici, di autocontemplazioni ombelicali, di tormentoni esistenziali e di retorica del “bel verseggiare” (ancora!). Qui siamo invece nel bel mezzo di una catastrofe dove nulla è riscattabile o suscettibile di catarsi. Forza centripeta (Giovanni Battista) e forza centrifuga (Salomé e gli altri) ingaggiano un autentico combattimento sul Nulla, vero eroe di una vicenda irrappresentabile e perciò assolutamente credibile.
Ida Isoardi
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