"La scrittura di Gianluca Garrapa ha una caratteristica peculiare proveniente dalla sua formazione e dai suoi interessi lacaniani: la consapevolezza della supremazia del linguaggio nell’interpretazione del reale (e del trauma fondamentale della discrasia significante/significato). Si tratta di una posizione epistemologia ed ermeneutica che trascende ampiamente il fatto letterario, ma che ha su questo inevitabili ripercussioni. Va precisato che nella presente raccolta Lacan non è tematizzato, ma solo metabolizzato: l’esatto contrario di ciò che accade ne La casa del sonno di Coe.
In questa prospettiva la parola è la potenza che permette a ciò che è di perseverare nell’essere (Spinoza e Nietzsche sul conatus); la potenza che va a creare l’opera e il mondo e lo fa con le caratteristiche sue proprie: abnorme energia plastica, poderosa fantasia, libera – financo arbitraria – costruzione di interazioni, situazioni, contesti, vicende. Ecco da dove viene la polimorfa molteplicità di questa raccolta, con le sue accelerazioni improvvise e folgoranti, il suo squarciare veli e teatri e andare a frugare dietro le quinte, il suo rappresentare ciò che non è abitualmente rappresentato e si atteggia a irrappresentabile e indicibile. In questa raccolta la parola vince la sfida che si propone: rappresentare l’irrappresentabile e dire l’indicibile".
Andrea Zandomeneghi