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infiorescenze da urlo, sensazione gravemente emozionante senza oggetto preciso o forse infiniti prismi newtoniani, esaustivi percorsi kilometrici sulle rive d’un metastorico ruscello dal letto piu’ largo di quello del gange trasformabile per l’occasione in ricca area per pic-nic o circolo per molto soavi autocoscienze collettive, se traza un sendero muy amargo oppure nessuna valutazione e’ immaginabile, esplose un calore da altiforni addizionato al clima mefitico tipico dei luoghi ovvero all’audace ripresa di corazzate sagre paesane straripanti melopee lisce e caribu’ arrostiti, gli stati dello spirto verso una sorta di trance metayogica, a stento comprendevasi di trovarsi già all’indomani del corpus domini, non avendo riesumato breviari né mulini da preghiera per la bisogna. Immaginifiche labirintiche rappresaglie, notti particolarmente bianche, recitando l’om o meditando su possibili vie che trasportino al bello in un gnoseologia accessoria, la dominazione degli erlebnisse ancora e sempre, stato originario degli evasi dalla zoologia, vertiginosa dialettica di fittissime epistole che narravano di sovraccariche riflessioni über den grund vom satz, con strascichi di cante (canere, carmen, giardino magico o villa neroniana) jondo, une flore blanca que se arranca sin piedad o altri non-sensi linguistici, amore che fuggi da me tornerai e altre robe vediche polverizzatesi malamente nella durata o in inebrianti sessioni ofite che si sentiva la conflagrazione e forse la condivisione delle tutte le disgrazie di infiniti universi possibili, ahi lasso, profumata infusione giavanese rigenerante meno nociva dell’amarone o di prestigiose caraffe liturgiche, viscerale auspicio irresistibile del corporeo, rimembranze non proprio mirifiche, 1982, esterno giorno, valle poco incantata e contaminata da giostre venatorie sabaude, seguaci di wötan lasciarono tracce qua e là, tulilemblemblem, che cosa sarà stato attivato da chi, ennesimo fiacco tentativo di catarsi scritturale, depressione caspica arricchita da eventi bellici per nulla incoraggianti che forse rispecchiano la natura caprina di codesto anno, gli annessi e i connessi, che belzebu’ o chi per esso se li porti, possano gli inceneritori di tutto il mondo essere colpiti da orticarione senza tregua, da prurito anale persistente anzicheno’, possano essi ancora girare tumultuosamente e senza sosta in tutti i ricchi sedici piani di barocchi inferni bauddha oppure possano i loro congiunti rivoltarglisi contro, una volta per tutte oppure a puntate, secca, cielo allo zinco piu’ schegge di che un sano whirling possa farli precipitare,in una surreale gita verso il fiume in improbabili autocoscienze, rusticana superficie assediata, onore ai sommi veggenti, fulgidi progetti di improbabili ricerche interdisciplinari che non vedranno la luce né tantomeno il giorno, ruvide discese nei sotterranei dell’opprimente edificio misericordioso, tra i tanti palpiti, macilente stesure nell’hangar ermeneutico per kafkiani sapienzei, possa tutto cio’ finire in una fitta foresta di ortiche giganti, s’è perduto in quali spire parecchio punitive e sembra essere come certe mattinate plumbee alle scuole medie sulle quali conviene sospendere il giudizio, la negatività ontologica peggio degli olocausti nucleari o degli esperimenti a los alamos o quale accidente nervino, valori autentici o storie di vita vissuta o vera, che differenza fa, c’è sempre chi non è bastevolmente all’altezza di chissà quali corti di re artu’ e i suoi sgherri o altri seguaci scarsamente prezzolati, forse non era troppo cotto o provvisto di qualità elegiache o cos’altro ancora, atmosfere insostenibili con serie di coproduzioni indicibili, non saranno bastevoli fiorite ghirlande di rinascite né il wat pho, eppure sono vivo dovette dirsi, consolatorio nel coacervo di perle di sapienza per bufali neanche acquatici tenuto assieme con argomenti mirifici e sformati di pepite di entlebuch sepolte da ingredienti segreti, come aveva detto lei si’ anche a voi e per tutti noi, cosi’ è stato udito anche dalle mura e forse ma forse dai sordi che lo istoriarono ai ciechi, il convoglio s’arresto’ in una enclave da urlo, frammenti di declamazioni sui grandi del presente, lattine giganti di bevande esilaranti, nubi zeppeliniane di misture fatate, distributori di snacks polverizzati da palle chiodate o vigorose orde di imbestialiti, qui vissero e si espansero grandiosi saggi illuminati e illuminanti, con successivi ampliamenti faunistici non tra i piu’ leggiadri, frattanto giunsero segnali di vita che narravano di gite sulle nevi dello yeti ovvero di risanamenti piu’ o meno riusciti di settori molto out ultimamente, con glosse criptiche anzicheno’, niente chalet metastorico né visioni della piana di lumbini, troppo screanzati gli eventi degli ultimi tempi, al limite se proprio proprio dopo tutto cio’ che era stato fatto, largito e via dicendo, non restare a dormir sola, quasi necessario rifugiarsi in un covo di lesbiche delle caverne o in un coro polifonico barbaricino, tra un po’ l’ora stregata farà il suo ingresso e una trincia di sonno rem sarà carpita o sacrificata agli dei delle zone contaminate o denuclearizzate, incapacità di redigere minimaliste epistole, qual strazio, sortendo dall’antro cinematografico apparve l’imbufalita consorte del reduce da sindromi patatropicali ovvero inebrianti traversate riparatorie nei mari corallini di sontuosi arcipelaghi di gusto eccelso, ahi que dolor, credeva che il contributo alla dissoluzione della loro fulgida unione ovvero chissà quali incontri conturbanti, con sosta verso ruderi pseudogotici per concludere narrazioni di stati di agitazione o sortite dagli emisferi next age anch’essi asfittici, ecco appunto, la notte piu’ lunga tra turanici ulivi fulgidi chiari di luna ragioni della fede o vicende non tanto lecite, atmosfere vellutate tra acacie fiorite e rimembranze fin troppo articolate o proliferanti, frattanto schiudevasi una dimensione altra, privazione e interrogazione mentre gli eventi venivano inghiottiti in poco efficace precipitazione, passaggio alla lotta armata o quasi o forse che trattavasi di tornei di sumo tra verdi colline poco nirvaniche, nell’antro sensazioni troppo potenti con strascichi lirici anzicheno’, poi il ricomparire dell’improbabile hombre sotto ancor piu’ incredibili sfaccettature prima di essere – o forse già da sempre - trascinato verso universi di elettra o altri personaggi orrifici senza pietà, tipo giona nella balena senza storion, aiuto aiuto sembrava quasi sussurrare, stati indescrivibili nella scacchiera magica o regno di non si capisce quali prestigiosi principi o principî, der stand der faktizität, solidi palagi rigurgitanti meraviglie, calici dell’amicizia carichi di frammentazioni cordiali o conflagrazioni pneumatiche, verso percorsi napoleonici interrogandosi sulla storicità o la schiavitu’, altra discesa in sotterranei non proprio apostolici, poco dopo un altro essere la fece scomparir e con essa i significati dei significanti o la spazzatura di inconsistenti distanze semantiche, soleggiato l’arcadico pascolo o cosa cavolo era, non poteva mica continuare cosi’, forse se non avesse avuto l’audio, intanto tra gli orrifici il prosieguo gli orrori e le oscillazioni traboccanti di insolubili, la grandama traeva notevole godimento visibile ovvero respirabile, pare, anche le gite rustiche erano una gran figata piena di entusiasmo e motivazione, chi non partecipava non poteva certo ritenersi degno del da-sein o degli esistentivi, diamine, opacizzazione del tattva che lo condusse dalla sua antica amante con deliranti manovre ovvero sessioni shivaite verso sublimi metafisiche della luce riciclate piu’ da vite precedenti che non da plumbei contesti attuali dove il logos si appiattiva sulla consistenza del rognone o la possibilità dell’agnello macellato, ritirandosi su se medesimo e risultando di un corpo ferito, affranto, demolito da ansiolitici di fortuna, litri di bevande metamoscovite, aforismi insopportabili e ionosfere invelenite, impossibile riciclare seta o candore o altri artifizi, dov’é finito quel senza eguale, che cosa é stato distrutto da chi, l’entropia e i serpenti intorpiditi che si mordono la coda senza neanche un’ombra gnostica, annientamento o ultracorpi, d’altro non succede nulla direbbero alcuni, crisi filosofica ed esistenziale arricchita da interruzioni troncamenti alla radice operazioni assai pragmatiche, metamorfici flushing meadows senza che i mostri atterrassero con le loro molestie, cupe vampe o livide e soporifiche stanze di fortuna, quale aridità, tra i preta non dev’essere un granché, meglio cosi’ oppure also sprache qual paragrafo di sein und zeit che rifarà la sua invasione, proseguiva l’effusione dello spirto democratico su baghdad, giornate belliche cariche di tensioni psicologiche oltreché di raffiche, vale la pena approfondire, aridi universi giuridici decifrati alla bell’e meglio, la sacralità dell’anandagocara senza elisir psicotropi, le perle ai porci, storie parallele verso la sorgente petrolifera, sembrava quasi dunque di sentirsi venir meno l’augusto terreno da sotto le estremità, una percezione avvilente eternamente presente e ineffabile, tra i giardini di allah qualche fiore inebriante spandeva sogni a tripla mandata o altri nonsensi, tra le mura di chissà quale profeta che ogni primo sabato del mese stordiva i piu’ coriacei decantando miracolose virtu’, meglio le montagne russe che parevano addirsi all’instabilità contestuale o alle sue articolazioni, ecco dunque le anime difettose di chi si nutre di negligenza menefreghismo e illusioni atroci, solenne la costruzione color topo in puro cemento armato con vista sul tempio dell’unione di maiali, accanto cataste di riviste fin troppo prestigiose dal cui riciclaggio sostenere popoli lontani o altre iniziative ammirevoli, come sempre, fastoso ritorno da attricetta isterica, blasonato da oscure pratiche purificatrici o edificanti soggiorni su cio’ che resta del vicino oriente preconflagrazione, se aveva dunque gettato i semi, quali frutti deliziosi, massaie rurali gongolanti e funzionari lividi che raccattavano gli ultimi petroldollari su tavoli poco arcadici, è bello ritrovarsi, con canti e danze, poi al piano superiore della mescita futurista liquidando le meraviglie della casa, fotografie introvabili di memorabili mattanze di camosci carpite per l’occasione - ché non si sa mai, a volte tornano - durante interminabili giornate di zinco consacrate ai pilastri di improbabili esistenze, cos’avrà poi fatto la juve ergo qualcosa é rimasto, l’epa ingorda protesa in avanti, la giacca gessata che sprigionava potere e gloria, accanto i soliti seggi in plastica scarlatta, nota coronata niente fascinosa ma era già tanto che qualcheduno si prodigasse in sfere melodiose, eccoci, was heisst sich in bedeutung orientieren, chiedetelo a quel sapiente avvolto da loden tirolese e virgulti dai nomi biblici ovvero dall’ipernutrita sposa, altra vacca da guerra, la mattina uno sfolgorio di bevande liofilizzate in preparazione a cammini salvifici verso cime asfittiche, l’altare pieghevole sostituito da un provvidenziale sasso, non so proprio come far oppure né con la guerra né con gli eserciti ma col suo santo spirito, phänomenologie des geist, signore del grande universo piu’ altri attributi forse plotiniani, zitti voialtri o vi do un pugnatone sulla testa, e adesso con plinio ci sarà una bella caccia al tesoro, su forza, ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo, il prosieguo si perse per carducciane scarpate o nei calderoni infernali, una taunus carica di vettovaglie verso un pianoro poco propizio, oggi vi osservavo, qual novità, osservatori permanenti di rose niente mistiche, e la mia faccia sovrapporla a quella di chissà chi altrooo, se pesco chi fuma dietro i pini lo concio per le feste, de jure predae, l’abitabilità del pneuma o altre vicende per dolorosa via, ecco il bigoncio approntarsi per il lauto pasto, e ringraziamo anche per coloro che non ne hanno.