23/09/08

Gherardo Bortolotti: Tracce






"Tracce" di Gherardo Bortolotti raccoglie i testi pubblicati sul blog canopo

Il file, in formato .pdf o .lit, è scaricabile dal sito
bgmole.wordpress.com



11/09/08

Particelle Instabili: Ikea a Chicago



oceani tremanti di grano
che i cofani in schiera rimandano
all’asfalto del parcheggio:
prismatica e altera rimani:
tempio estremo
ultima Thule
tra l'assorto silenzio del Midwest
e l'abisso
sciamanica già nella scelta del luogo,
al termine sempre di un voto e un cammino
(non si dice: “ già che passo da quelle parti, ci faccio un salto”)
vergine ai segni,
vascello del superstite raccoglimento,
mia idea contraffatta e perciò incontraffattibile
del puro:
mi abbaglia pensare
che Gandhi o Richard Nixon
non potrebbero avere un’Ikea più funzionale della mia
o più mitopoietica
o con anfratti più maliosi nella sala magazzino
dove a volte (si racconta)
tra le ombre delle ultime corsie
di un cliente benedetto si ritrovano
solamente poche ossa ben sbiancate,
indigeste alle sirene.
Ridoni ai tuoi nomi il mistero del sacro
e Snorri riporti a Shangri-La:
Ljudal è di nuovo il dragone
che naque dal piede di Ymir;
Inreda è ora il tronco dei mondi
Norrebo il destriero di Odino.
Nei favi componibili vi è un’eco
(per chi la sa sentire)
promessa di un mondo accurato,
leggero, pieghevole, finito;
la danza di forme create
a saziar l’un nell’altra ogni conflitto;
la chiave che tutto sutura;
e il legno la pelle la piuma
adesso investite di senso
si scoprono a parte del disegno
(simmetria, simmetria, per piccina che tu sia)
di aurore sognate nel ghiaccio e cristallo,
e notti semestrali, bagliori nel camino,
pipe di gesso, sci di legno,
giacche di renna e sfilze di consonanti,
gole secche che cantano là fuori nella
steppa?
tundra?
(comunque muschio grigio e brina antica, a vista d’occhio)
(si vede che hai viaggiato, studiato, letto Ossian)
da piccolo avevo il terrore che i santi mi apparissero
o la Madonna
o Babbo Natale
ma dico te lo immagini
Babbo
Natale
così, per davvero, stivali e saccone,
in casa MIA?
Nel caso senza dubbio avrei urlato.
Quest’oggi da solo guidavo
tra oceani tremanti di grano,
di masse dorate ed incerte,
e non avevo nessun mantra da intonare
non avevo una difesa (una qualunque!)
da quella morsa arcigna
di possibilità
di orrenda libertà
di cielo intrappolato nelle spighe
di assedio all’abitacolo
di un demiurgo sfiduciato come me.
E so che potrei assemblare l’universo
se solo accettasse la carta di credito
e avessi le istruzioni.
A volte ho sognato che la notte stavo chiuso nell’Ikea
che mi potevo muovere sereno nello spazio e nel tempo specifici dell’Ikea
planando in un mondo soltanto di interni
dove tutto trova posto in un cassetto o uno scaffale
(inclusi i cassetti e gli scaffali, in cassetti e scaffali più capaci)
popolato di famiglie appena implicite
le ombre abbracciate di Hiroshima
l'ideale vicinato
e passo dalla tavernetta di un collega alla cucina di un amico al salotto della nonna
mai simpatica e gentile come adesso
che è morta:
la ritrovo alla consolle
di una cucina in tinta rame:
ha una torta di mele
e un bicchiere di latte.
Per me?
Riappariamo in un altro salotto
e poi un altro
viaggiamo in non meno di cento
ogni stanza col suo latte, la sua torta, e la sua nonna
e le sue confortanti simmetrie
da sbarre nelle sponde del lettino
(“è per proteggerti meglio”):
e poi la mattina i custodi
riaprono i cancelli dell’Ikea
e io non ci sono più.



08/09/08

Riccardo Cavallo: da "Cicli del Beccafumi" (1993)



Il Beccafumi trova la troia di benessere


Il Beccafumi si trovò

una troia di benessere.
Il tenue profilo, la dipinse
quasi occultata dal tronco dell'abete.
Il cielo divorato dai rosa in fondo.

Questa volta il Beccafumi erano in tre: in due specchi
dunque quattro, commentarono, e la nebbia saliva,
dodici di loro, tutti traditori, fissi nell'immobilità della fuga
con il bavero di pelliccia rialzato
(Huineng: non c'è specchio)




lucio fontana: io sono un santo




06/09/08

Riccardo Cavallo: da "Cicli del Beccafumi" (1993)



Il Beccafumi nel fumoir

Vide dio: chiamandosi teneramente
e per ischerzo guidogozzano o dylanthomas.
Era quetzalcoatl, il serpente
la grande bestemmia, il blu
dipinto di blu, il loico, il libidico,
il teologo, non si occupava
se non dell'invisibile.

Presto arriveremo a durango, o a bisanzio, là
dove il punto di vista crea l'oggetto
e fra due fiumi come il tigri e l'eufrate
o dove gioca la croce del sud in uno specchio tremulo
lì dove c'è una stella, una stella
che usciremo a rivedere, fanciulla,
sacra prostituta, manto di giaguaro
sei questo viso che ride d'ogni sciagura
e di tutte le catastrofi, questo scheletro perlaceo che non è più
un discorso, che non lo è mai stato.

Piange al capezzale dell'estate,
prevede scene turche, negre, torinesi,
sarà autunno felice per lunghe ombre nel pomeriggio,
aiole abbandonate, fumo fra i docks, arrivando come se fosse un'alba
e l'esperimento della gran vacuità.

Un sogno di vento: non è il diamante,
non è la sfera di cristallo:
la bolla, solo la bolla.

Di ottobre in un respiro lo stradario folle
la fine del sonno di millenni, la colomba,
l'interminata veglia che fu un concerto sospeso
lo scorso settembre
nel corridoio degli affreschi,
ritornare sui luoghi, sul luogo, tutti i luoghi
dove respirava, dipinto forse in forma d'isola
nel box, d'angelo o di nera nube, densa e gonfia.





vivienne sato: untitled (1998)



05/09/08

Riccardo Cavallo: da "Cicli del Beccafumi" (1993)



Le otto eterotipie del Beccafumi

Retrogadante granchio
lo sguardo bolliva acque la palude fumava da molto
aprì pianissimo le chele fisso nella lentezza del moto
una tenda fu scostata lasciando vedere la scena in cui si nascondeva

avrebbe bevuto tutto
gocce calde brillavano sulle sue labbra in figure di passaggio e fuga (uno)

fumo azzurro guadagnava un soffitto di crepe (due)
stringeva in mano un piccolo bicchiere (tre)
i suoi occhi ascoltavano suoni fluttuanti (quattro)
vedeva navigare la luna tonda a velocità folli fra le nubi (cinque)

correva di notte su un ponte altissimo ridendo a squarciagola (sei)

diveniva immortale fra le montagne (sette)
guardandosi in uno specchio incrinato si faceva penetrare (otto)




tatiana garmendia: dalla serie "internalscapes"




04/09/08

Riccardo Cavallo: da "Cicli del Beccafumi" (1993)



prologo

ella taceva
affondata e sospesa nel silenzio altissimo
dei suoi occhi, il Beccafumi concertava
traveggole e fughe, fra scorci scombinati e lascivi.
Un esercizio elisabettiano, per una sola mano
inizierebbe così: se vi fosse piuma, petalo, anello
o soffio, qui un segno (mi) è dato, degli occhi di ella
il silenzio immenso, saldato alla piega che
non è piega, e che cancella
tutte le parole, intelaiatura materialistica
del profumo e del sogno, e finirebbe così
press'a poco: ella taceva, affondata e sospesa.


ritratto (II) con paesaggio

Per qualche regina uscita un giorno
dal nero della terra nera uscita un giorno
della nera terra.
Per te il ventaglio schizofrenico dei gesti.
In una valle che va
più su
più giù
in un quadro perduto, in una perdita
ché musica, in una musica che
di luce perfonde le cavità bagnandole,
i rosoni -eccetera- dove il Beccafumi sorrise,
una volta ancora escogitata
la fuga.


e fu impaginatura liberty
con accenni ed accenti che il Beccafumi
spiava floreali, capocchie rosa o grigio fumé: fu
poeta persiano nella portineria
jolly di memorie, nel mazzo centrivoco e centrifugo
delle sue carte, che teneva sparse e riposte ovunque.


magicamente (ripeto: magicamente)
la figura fresca di lacche e di terre
iniziò: prese a dire
nel forse
nel può darsi
nel certo qual senso
nel su per giù.
Il Beccafumi taceva in un ascolto convesso,
di una convessità nomade, in fuga e che
perdeva sangue, logicamente.
Poi proseguì con il
non è un vizio è un'arte
perché, così.



franz von stuck: sinnlichkeit







02/09/08