27/09/13

Marco Giovenale: da "Erano in pericolo"



1. è molto facile contrarre la malattia e l'opposizione deve essere pronta fin dalle prime ore del mattino. Non è molto semplice opporsi. Ma è il livello minimo (e anche massimo) di soluzione nota. Anche se, almeno fino a oggi, in realtà non è quasi mai stata una vera soluzione. Una volta contratta, la malattia è in buona sostanza interna. Irreversibile e incurabile. Le persone siedono molte ore, specie parenti stretti, osservandosi e incolpandosi a vicenda senza parole del loro stato. Ogni tanto il rumore di un'ambulanza un po' lontano un po' vicino ricorda dove si trovano, e che non è più un suono innocuo come quando, da borghesi, ridevano nel loro modo e mondo consueto. Erano in pericolo. 

7. La sera andavano in via Veneto. Lì c'era un distributore di uranio aperto giorno e notte, e si diventava brillanti senza saperlo. 

10. è debole, non vuole nascere. Nascerebbe volentieri al contrario, verso il buio, sparato verso il buio. Nascerebbe all'indietro, al rovescio, a belle dosi, dormendo, a torcicollo, retrocedendo per non vedere, schivando i secchi di latta appesi, le funi per terra, le tagliole, le buatte scoperchiate, il marmo, i piani di pietra grigia, i cilindri che sono strutture di sedie e paglia, svuotando, à rebours, rewind, sempre cedendo verso il meno, verso il nero, verso una diminuzione non generata e non generale ma che è una sua diminuzione, un affievolirsi di unità, di uno solo, mancando, perdendo, via via, diminuendo come detto, sottratto, raccorciando, daccapo con meno materiali e personaggi, tosse e freddo, altra tosse più lontana, un freddo forte, sala vuota. 

11. Sì, è come lei dice, mi sono rifiutato di ascoltare la musica, per la polvere. Sul disco, sì. Non ho neanche letto, nessuna lettera, per lo stesso motivo, appena, detto. Sono rimasto nel mio nascondiglio per tutto il tempo. Ho cercato di non imparare niente. Ho cercato di semplificare all'estremo le mie parole. In alcuni momenti la semplicità era perfino più forte della realtà. Pensavo di tradirla. Era pieno di macchie. Nessuno poteva verificare quello che dicevo. Quando fu trascritta dai cronisti la frase più celebre, relativa all'amore, molti non ne compresero l'oggetto. Per quanto semplificassi tutto, a rischio di mentire, non tutto per loro era chiaro. Quasi niente, anzi. Allora passando interamente sul fronte della menzogna pensai: ora sarà evidente, esplicito. Mentirò sempre, completamente, senza retorica. In modo piatto. Sarà decifrata ogni cosa. Intenderanno. Mi capiranno perché è il loro stesso linguaggio. Con tutta la sintassi azzerata, totalmente semplificata. Loro capiscono le bugie, le deformazioni. Leggeranno. Sarà limpido. Sbagliavo. Neanche così funzionò. Non funzionava.




marco giovenale, quasi tutti - prose in prosa / nuove e non nuove
2008 - 2010. edizioni polìmata, roma 2010, esaurita
nuova edizione, riveduta e definitiva: miraggi, torino 2018 _ http://www.miraggiedizioni.it/prodotto/quasi-tutti/

25/09/13

Cecelia Chapman - Jeff Crouch: Discreet Entries




Discreet Entries is the mail collaboration journal of artists Jeff Crouch and Cecelia Chapman, 3-d setups that exist for the few minutes they are photographed







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secret department, mail art dossier



suprematist composition




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radioactive water, dead seas, nuclear mail art



phoney war, second red line



open letter, only warriors want war




02/09/13

Jim Leftwich e la “Pansemic Playhouse”

 
In questi anni recenti, oltre a lavorare in numerosi ambiti verbovisivi, e ovviamente nelle aree della poesia concreta e visiva, del glitch, della fotografia, del collage e della mail-art, Jim Leftwich ha ospitato materiali altrui, organizzando veri e propri archivi in rete, tutti o quasi tutti legati ai molti blog a cui collabora, ma soprattutto alle sue pagine http://www.flickr.com/photos/textimagepoetry/ e http://textimagepoem.blogspot.com e ai vari festival e iniziative (collab fests, o marginal arts festivals) di arte e di scritture sperimentali ai quali ha preso parte, a Roanoke (Virginia), la città in cui vive.

L'accumulo di materiali, altrui e propri, che questi anni di lavoro (e i precedenti) hanno portato è impressionante. Molti – degli anni 2005-07 – sono archiviati in un’apposita pagina allestita grazie a John M. Bennett dalla Ohio State University: http://library.osu.edu/finding-aids/rarebooks/TextImagePoemArchive.php.

Molti altri, specificamente di Leftwich, sono spread all over the world, diffusi ovunque nel mondo sia in forma cartacea (spedizioni, invii) sia in blog e siti i più diversi. Anche una superficiale ricognizione su google testimonierà della straordinaria diffusione di opere di Leftwich, o di sue collaborazioni (collab works).

Da circa due anni, da luglio 2011 ad oggi, anche con periodi in cui l'attività di postaggio è quantitativamente minore, Jim Leftwich sta inoltre pubblicando sul suo già ricchissimo e generoso spazio flickr una serie intitolata Pansemic Playhouse. Si può prendere visione dei vari “set” che la compongono a partire dalla pagina citata sopra:


Una playhouse è una casa giocattolo, una casa dei giochi. Nel progetto e idea di una simile casa “pansemantica” molti elementi assai felicemente e positivamente convergono. Per ragionarne, direi di tenere presente sullo sfondo, come elemento differenziale, l'orizzonte della “asemic writing”, ossia della scrittura asemantica. Leftwich, per altro, è stato uno dei primi statunitensi a occuparsi di asemic writing in maniera sistematica, a partire dagli ultimi anni del Novecento (in colloquio con John Byrum e Tim Gaze).

In Pansemic Playhouse, al contrario che nella scrittura asemantica, e – davvero – in rapporto differenziale netto con questa, Leftwich espone/sovraespone, accumula e moltiplica immagini e materiali anche casualissimi (classico e ritornante è lo scatto assolutamente random da cellulare) in cui tutto è semantico, tutto acquista un rilievo di senso, in qualche modo. E, questo, non volontaristicamente, ma come una sorta di emersione (data per oggettiva anche se conscia del fatto che oggettiva non sarà mai) dell’evidenza di senso di ogni nostra percezione. (Insisto: a specchio e differenza dei percorsi asemantici di alcuni segni grafici).

Leftwich è perfettamente cosciente del 'brutto' e del 'non riuscito' in alcuni scatti e immagini, ma quel che a lui interessa è il versante 'costruttivo' dello sguardo stesso di chi apre immagini e sequenze. Al centro del meticoloso progetto di una casa/catasta pansemantica sta insomma un’idea legata all’affioramento non casuale ma quasi cronometrico, prevedibile, inevitabile, di un costante microrilievo di senso, una traccia aggiunta possibile, che sta dunque proprio al fondo di ogni – veramente ogni – cosa ed esperienza). (Tutto ciò ha in parte anche interessanti – pur se non inediti – risvolti etici).

Il progetto di flusso visivo che conserva numerose versioni di uno stesso frame è in fondo analogo al sistema di varianti moltiplicate (e variazioni non necessariamente infinitesimali) apprezzabile nel vasto progetto testuale – e visivo – di Six Months Ain’t No Sentence, per adesso diviso in 50 libri gratuitamente scaricabili dall’indirizzo differxhost seguente: https://app.box.com/s/l76xlrg78e5s8evbi4c4. Altro tassello del colossale lavoro di sperimentazione di Leftwich.


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alcuni link aggiornati:
http://jimleftwichtextimagepoem.blogspot.it/2013/09/pansemic-playhouse-1-600-jim-leftwich.html
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