16/10/07

Riccardo Cavallo - Ditlinde Persefone Mendez: Concerto per oggetti trovati e scatole nere (3/3) (1991)


All’una o mai - Promettendo l’ultimo paradiso artificiale all’uscita del lupanare camuffato, dopo micidiali intrugli rosati preparati dal cobra, molte epifanie e flussi di coscienza. Esilio la notte stessa graffita sull’avambraccio, testimoniava la fine della servitù, non così servile. Rincasare per studiare nonché riposare - era troppo perfetto, ancora prematuro, tutti desti si aggiravano nei loro pigiami ospedalieri, per il deprimente corridoio illuminato a giorno, emozioni zero. Tutto troppo normale. Ma bisognava calarsi, loro non dovevano neanche immaginare, poteva anche non succedere. Meglio non premeditare né cabalizzare. Uscire senza curarsi di nulla. Soltanto un volume tascabile, tascabilissime le opere. Possibilità d’incontrare zombies e servi del potere. Passeggiata contemplativa nel cortile bizantino con troppa luce. Suoni sordi dal prosaico cinema d’essai. Telepatia. Incredibilmente perspicace. Asoka protettore, sultanati rovesciati. Non aspettare un secondo di più. Non è necessario. Come si fluisce da codesto internato?- persone normali.
Il ronzio del neon frusta. Che giorno è? Si è forniti del calendario vaticano e del tempo dell’Europa centrale - distruggete i giorni e gli anni, annientate il dentro ed il fuori. Qualcuno nutre già fantasie triviali pronte ad essere sguinzagliate. Notevole. Però sulle scogliere di Megaride nulla può. Perché il posto è indigesto, la città d’origine una malattia mortale, la lingua il regno dei morti, d’una profondità insondabile, forse perché precedentemente bevuto senza ritegno. Il cancello. Meglio risalire. Puttanona. Dov’era finito? fogna.
Occhi maliardi, fiori del veleno, materializzarsi ora e mai. Tantra senza mandala. Così impaziente animato bronzo riaceo, ma dove fluisce? C’era il linoleum, estasiata ma audace. Gli spigoli marmorei trafiggono. Ysolde la madre. Isotta la mamma. Fra interlocutori esistenti, inesistenti e sedicenti, tutti insieme. Oilà un orgasmaccio di quelli giusti, si dissero, come tre moschettieri, senza progetto, psycopompos che conducono le anime per gironi inferi, lourusa, meledia, fontanalba, nasta, gorgolasque, valmasque, besimauda, bric costa rossa. Il torrente Ellero ghiacciato. Il leone morente.
Qualis artifex. Caché par le trop grand glaïeul. A dare un regime di bassa visibilità che sottende l’incomunicabilità d’alcunché quale ens realissimus, da Lezama il fantasma di un laccio nero della grandezza di un pipistrello gigante, che copriva quasi interamente la vulva tremante per il muggito dei tori. Un esperimento sullo sdoppiarsi della voce narrante. Le dualità preiniziali. Preiniziali le dualità. Invisibile il manufatto, senza mandala il tantra, materializzarsi subito. O mai più?
Epilogo: guarda caso, il foglio settantasette. Anno di grazia e dei tamburi. I fantasmi più reali del reale. L’immaginario ancor di più. Nessuno se ne accorse. Ormai si era altrove. Ancora di più. Nulla di questo sarà comunicato, se non per parole e soprattutto omissioni. L’opera è questa.