07/06/07

Ditlinde Persefone Mendez


foto punitiva inchiodata alla parete, la donzelletta in versione campestre, davanti a te un cigno, un’adepta dei draghi o dell’eroina, qual vorstellung di corto vedere avvolta in spire robotiche, chi potrebbe anelare a cio’, con magari la pretesa di rivederla e che oda silenziosamente la gracchiante scoperta dell’ateismo o altre confutazioni parateologali patafisiche, meglio non pensare ai tavoli ligi con apparati ancor piu’ ligi e atmosfera pesante, confettura semovente pane di spago e bevanda gusto cacao guatemalteco, ingrasseremo mica, animo anemos vāyu, benché fosse il regno di indra o altri urlatori prezzolati, impossibile darti cosa vorresti e comunque non ora non qui, vale lo stesso per chi riattivo’ non si sa quale varietà di ourobouros, si perse anche l’efebo libico tra le disciplinate orme del palagio della guarigione, trafitta la sfera incantata, a pezzi la narrazione, playstation oppure miles davis sempre che sia la giornata adatta, sognare di sognarti, un sogno troppo comatoso, svapna o altro modello di turiya per nuove sensazioni, inutile appropinquarsi a ciliegi in fiore o flushing meadows, sciocco ogni fiacco tentativo di sortita dal vastissimo penitenziario con ora d’aria in poli petrolchimici o in laboratori telescopici, bang pa in, esterno giorno, alla vostra destra una dacia acquatica, entusiasmo ebetudine e succo di crisantemo, sat nam, accentuare o ridurre la luminosità, scandinavi alterati trangugiavano l’acqua reale, cavolaia trasformata in padiglioni museali, molto prima trifoglio gigante e frammenti dei dati di coscienza della sera precedente, ora dal logorante monologo quadrangoli con individui assai motivati, autentici commerci tra utilizzabili o esistentivi, se tu dai una cosa a me, oblo’ sull’opaca radura, infelici le tuje e i pini, qui sarebbe una figata ma spiacerebbe doversi spostare chissà quante volte al giorno, la non funzionalità, la problematicità, l’inaudita scarsità di pensiero di chi era già insopportabile al ginnasio e figuriamoci adesso, moltiplicazioni e accumulazioni con ridenti parate, acque stregate dove prosperano gamberi di fiume. Se ancora ci fosse sufficiente apertura verso chissà quale abisso a sorpresa, quale audacia nel pronao del polivalente espacio cultural, mai dovechessia alcuna legge é stata insegnata né potevano intravvedersi orme che non fossero di affaristi predicatori o vice versa, iniziative cartapestaie faranno risplendere indicibili luci taboritiche e immaginabili risvolti, la condivisione del corno di lepre, camminare leggeri cercando di sortire dall’ilico poiché il pneumatico troppo radicato era già da sempre e lo psichico polverizzatosi in chissà quale inflazione, viva la gente, dietro inguardabili affreschi, davanti i grandi del presente, applausi scroscianti e viscerali, non temerai il terrore della notte né le spire dei cobra, anticipazioni della percezione, vi conoscete, certo certo, si las cosas que uno quiere se pudieran alcanzar tu me quisieras lo mismo o giu’ di li’, pusillanimi tentativi di plagio o come potranno essere definiti se ancora vi saranno possibili giuochi linguistici, se avete compilato i moduli appositi che son stati distribuiti, ecco il moro dagli stivali improbabili, poi una carampana fine carriera con calzone da collasso, un pasciuto specialista di sconosciuti dipartimenti, una dama senza ermellino che ci teneva a precisare che, un dottore professore che era meglio non interpellare in quanto coinvolto in realtà significative, pure troppo, con o senza sciroppo ci si perderebbe per strada magari con mal d’auto, ecco i calici delle cicogne ricolmarsi di ginger o scoppioingola, storia parallela della fabbricazione della soda a barranquilla o in altri luoghi, laboratori di uraniborg che lo faranno scomparir, los familiares de la novia, questa nostra realtà appunto, lo diceva prima l’insigne e stimatissimo, potesse transitare negli altiforni o in non precisate discariche di gerico, i passi avanti nell’elefantesco macchinario, tolleranza zero verso questo tipo di intransigenze e non altro, sarà perché si fa parte di questa cosa qua, motivare i giovani, motivarli proprio verso l’apertura, che sia imboccare il vecchio o partire senza formazione verso mondi sconosciuti, siam già in ritardo per le conclusioni e se qualcheduno avesse delle domande o si trovasse in disaccordo, se parlasse piu’ forte, non si sente, questa nostra rivista, bellissima, i nostri progetti, lo zelo dei nostri collaboratori, interno giorno, scrivania in subbuglio e stati di agitazione, non é per essere indolenti, trovandosi con le mani legate, per non dire incaprettati, non potendo promettere nulla perché quelli là non si sa come sono entrati e al momento non si prevede granché, conciossiaché il suo nome avrà trentasei lettere, quadriglia missionaria su gracili bufali, gracile anche l’aperitivo, ecco la donzella in tweed antiassalto, stavamo dicendo, in fuga dal minaccioso coacervo, prodromi durante un avvilente diaporama e uno sguaiato concerto celtico con crescente prosieguo in sconsacrato tempio, trombe forse di gerico con polifonie e melopee, affinarsi del paesaggio acustico che diveniva derviscio, sosta fatale su sabbie fluviali e l’istoriarsi di inenarrabili folgorazioni, l’entrata nella corrente a rischio di contaminazione da parte di livide damigelle, stizziti eterni e via dicendo, un magico ritiro in antro propizio alla disopacizzazione e alle danze che continuarono nelle selve, in prossimità delle acque, nella nebbia, qualsiasi luogo, fino all’irruzione del glaciale shabbat che comprimeva ogni cosa, ancora qualche escursione notturna rileggendo passi illuminanti, sempre che, poi misteriose aperture che sembravano chiusure a tripla mandata o reclusioni con tecnologie proprie. Risalita sul fantasmagorico grattacielo, fulgida la volta o cielo da celare che incoraggiava tornei di kendo, si vedeva anziano e niente saggio e la sentiva rifiorire, un samovar molto decadente e la persuasione a una gita rigenerante tra i vortici partenopei a risanar la fiacca unione con l’imbufalita concubina, aporetico sarebbe ricongiungersi, synousia antigelo dall’arsenale, nell’impossibilità di avere con te un rapporto orale, cosi’ il testo, biblico referente alla necessità della condivisione di insanabili disgrazie piu’ che a improbabile fellatio o altre giostre pigre, intanto dal tempio il nataraja riaccendeva adimensionali fiamme nella durata, cloroformio nelle proliferazioni noematiche e le restanti vorstellungen, in principio erat sermo, volteggi puranici interrotti da chilometrici messaggi dove si macerava, prendeva coscienza delle avvilenti sfere, lanciava sprovvedute richieste di soccorso, si lagnava piu’ di Geremia, inserimento di laconici aforismi pescati direttamente nella rete ovvero riciclando quanto restava di fiacchi esiti, chi parla non sa chi sa non parla, bovindi stile fascio e strazianti châlets prototirolesi, un insolito temporale era finito da poco e l’aria pareva piu’ respirabile, ultracorpi che si pascevano strada facendo, fonte magnesiaca con risultati psichedelici, fiere genti piene di risorse forse perché non tirano via niente, mai, che se corrispondono alla sfera decameronesca é meglio neanche immaginare le crocifissioni (sangiovannidellacroce, appunto), prosseneti convertiti alle ultime encicliche, un po’ problematico trasporto di componibili mobiletti komsomolskaija o largiti dalla portaerei del truciolato, funeste zaffate di naftalina mista a cipolla egizia e rivolgendo pensierini non proprio apostolici e trangugiando bevande del terzo reich.